Arrosticini, storia della specialità d’Abruzzo
di Valerio Di Fonso
Agosto è dietro l’angolo e in Abruzzo ci si prepara per il ferragosto. Mete e destinazioni sono incerte per molti, ma di sicuro non mancheranno sulle tavole abruzzesi gli arrosticini. Tra sagre e scampagnate, il bastoncino di legno con carne di castrato più famoso del mondo si riconferma la portata principale delle feste abruzzesi. Un prodotto da amare e, allo stesso tempo, da tutelare.
L’arrosticino e il marchio IGP
La tutela dei prodotti della propria terra e della propria storia. E’ questo ciò che chiede il Consorzio Agnello del Centro Italia per la salvaguardia dell’arrosticino, sempre più minacciato dalle carni straniere. Il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, favorì con un disciplinare (quello degli Arrosticini d’Abruzzo IGP) le pecore straniere, superiori ai 30 chili. Solo da animali di questo peso, infatti, sono previsti Arrosticini d’Abruzzo IGP. In parole povere, le pecore abruzzesi (quelle vere) non potranno mai essere usate per tale marchio, poiché a stento superano i 24 chilogrammi. “Vengono escluse loro e i loro pastori – spiega Nunzio Marcelli – , per una scelta della Regione Abruzzo, che quel disciplinare avallò, da una produzione che dovrebbe spettare di diritto agli allevatori locali. Gli arrosticini, nati dai pastori del secolo scorso, sono così finiti nelle mani dei commercianti dei nostri tempi”. E non è difficile da credere visto che le carni maggiormente utilizzate per la produzione vengono dall’Irlanda (Suffolk, Cheviot mule, Beltex) o dalla Francia (Charollais). “Sono animali che non hanno mai calpestato i pascoli d’Abruzzo – prosegue Marcelli – né brucato le loro straordinarie erbe. Ancora una volta in Italia si ripete ciò che accade con tanti altri prodotti IGP, che di italiano hanno solo il territorio in cui avviene la trasformazione. Ecco, dunque che le carni arrivano da Olanda, Brasile, Francia e Irlanda. Vorremo che il Presidente spendesse qualche parola in merito a ciò, per recuperare l’orgoglio abruzzese. A meno che non ci sia qualche disegno, a noi oscuro, che punti a escludere dai premi Pac la componente pastorale”. Marcelli conclude annunciando che il Consorzio Agnello del Centro Italia sta lavorando a una propria IGP con Gal Abruzzo Italico. “Terminato l’iter burocratico, gli italiani saranno liberi di scegliere tra gli arrosticini trasformati in Italia e gli arrosticini che in Italia nascono, sui nostri pascoli”.
Come nascono gli arrosticini
E’ il 1930, quando un paio di pastori del Voltigno, presso Villa Celiera, pensarono di tagliare la carne di una pecora anziana a pezzetti e infilarla in piccole bacchette di legno, per poi cuocerla sui carboni in una brace ricavata dai pezzi di una grondaia. Quella grondaia diventa la prima canala (o canalina) della storia. Altro che arrosticini cotti al forno o, peggio ancora, fritti! La tipica cottura della rustella è legata alla sua storia che non deve essere distorta. Un piatto tipicamente povero, anti-spreco, che arriva direttamente dai pastori dei monti dell’appennino abruzzese.
Le varianti dell’arrosticino
Non esiste un’unica tipologia di arrosticino. I più diffusi sono a piccoli cubetti, infilati in uno stecchino di legno di betulla lungo circa 25 centimetri. Le varianti più apprezzate sono quelle a taglio irregolare alternati con strati di carne magra e piccole porzioni di grasso di pecora che con la brace si scioglie e dona gusto e morbidezza alle carni infilzate. A queste si sono aggiunte le varianti in carne di fegato con aggiunte di cipolla o foglie di alloro per amalgamare il sapore più deciso. Per gli amanti del piccante c’è anche la versione “hot”. Sugli arrosticini viene spalmata con un pennello una salsa piccante che rende il sapore delle rustell ancora più forte e penetrante. I più legati alla tradizione, però, storceranno il naso!
Arrosticini, quanti mangiarne
In media si consumano tra i 15 e i 20 arrosticini a pasto. Numeri accettabili, considerando anche la cadenza con la quale il prodotto viene mangiato nell’arco di un anno intero. Difficile, infatti, trovarlo quotidianamente a tavola. Più probabile incontrarlo durante le feste estive nei borghi abruzzesi o nelle scampagnate tra amici. Il coordinatore regionale della Lilt (Lega italiana per la lotta contro i tumori), Marco Lombardo, nel 2015 diede una stima di consumo adeguato degli arrosticini: “Mangiare gli arrosticini si può. Non succede niente, se si assumono in quantità adeguata una o due volte a settimana”. Ok allo spiedino abruzzese, ma con moderazione. “Le gare, tipiche tra i ragazzi, finalizzate a scoprire chi ne mangia di più – prosegue Lombardo – sono sconsigliate”. Occhio soprattutto alla cottura, sia per il sapore e che per la propria salute. Va evitato il contatto diretto tra il fuoco e la carne e non si deve mai dimenticare che la cottura violenta determina la denaturazione delle proteine.